Oggi noi viviamo in uno stato organizzato. E' la societa' moderna, nella quale si molto allargato il concetto di "statale" . Nella mentalita' corrente abbiamo diviso il mondo in cui viviamo fra "pubblico" = statale, e "privato" = individuale. A far maturare tale distinzione ha contribuito la nascita e l'affermazione dello stato assoluto e centralizzato (da noi agli inizi del 1800). Esso ha avuto la sua peggiore realizzazione nello stato dittatoriale (in Italia il fascismo, in Germania il nazismo, in Urss il comunismo). Dalla scuola ai bambini, dai prodotti ai mezzi di comunicazione tutto allora diventato "statale".
Come reazione legittima a tale visione centralistica gli stati usciti dalle dittature hanno accentuato nei rapporti interpersonali l'individualismo e la stima gelosa per la proprieta' privata; pur conservando - come nei sistemi totalitari - un discreto controllo sui nodi strategici della vita sociale e economica.
Ma non stato sempre cosi'. Una volta, per quanto riguarda il possesso specialmente della proprieta' terriera, vigeva una regola che oggi rimasta quasi solo come una reliquia negli
USI CIVICI.
Essa distingueva tra "beni divisi" (i campi, i prati, le case, gli orti, il bestiame) che appartenevano ai singoli e erano oggetto di compravendita o di permuta o di affitto; "beni statali" come le strade e alcuni ponti (ad esempio la "via imperiale"); e "beni indivisi" pubblici, che appartenevano alla comunita' locale, o meglio alle famiglie residenti, rappresentate dai capifamiglia (quei beni indivisi erano i pascoli, le malghe, i boschi, le acque, spesso i ponti minori, la segheria, il molino), e il capofamiglia, per il solo fatto di appartenere a una ben definita comunita' di paese, aveva diritto a usare quei beni, che erano realmente di tutti. Non del comune quale inteso oggi, ma della comunita'.
E responsabili dell'uso, della conservazione, dell'accrescimento dei beni indivisi erano i capifamiglia.
Come afferma la Regola di Volano (1474) "per il bene comune e per la conservazione dei beni e delle cose di detta comunita'" gli eletti dall'assemblea dei capifamiglia possono agire "con piena libera speciale e generale amministrazione".
E' questo il dato fondamentale: l'autonomia, segno della maturita' di un popolo che si autogoverna senza enti intermedi, senza burocrazia.
Perfino nelle faccende di liti e contese fra compaesani la difesa dell'autonomia gelosa (Carta di Pejo 1522 Cap. 92): "Se ci saranno beghe e discordie nella comunita', dodici incaricati dalla Regola devono accollarsi la soluzione di quelle risse e dissensi e far mettere d'accordo i contendenti... senza ricorrere ad altri Uffici".
Il cuore delle Carte di Regola era proprio la consapevolezza di avere dei beni che appartenevano a tutti. Leggendo i documenti di archivio, si notano a decine le vendite di beni divisi, gli affitti, le transazioni fra privati; mai si trova una vendita di "beni indivisi". Caso mai, si trovano permute o affitti dietro compenso per la comunita' che rimane padrona dei beni.
La legislazione paesana urto' la burocrazia austriaca, francese e bavarese, come urto' in seguito quella fascista. Tuttavia almeno in Trentino l'affidabilita' della consuetudine
che l'anima delle Carte di Regola - tale che territorio e risorse non vengono del tutto riassorbite dall'autorita' centrale, ma sono lasciate in delega alle "regole" locali: da qui l'istituto degli usi civici, sopravvissuto nonostante la contrarieta' dello stato centralizzato. Anche le forme statuali recenti non sono riuscite a far sparire del tutto le tracce di insediamenti e possessi "arcaici", e relative consuetudini; il caso degli esiti della legge del 1927 sulla regolamentazione degli usi civici.
Nel territorio trentino il processo di razionalizzazione ha comportato entro il secondo dopoguerra la creazione di piu' di cento ASUC distribuite sui 223 Comuni della Provincia, ma purtroppo anche la retrocessione delle vicinie sopravvissute a associazioni di diritto privato. A tanti anni di distanza l'esperienza delle Regole ha dunque lasciato un erede:
l'istituto degli USI CIVICI. Il mutamento dell'economia e della fisionomia sociale della nostra terra non deve mutare il soggetto che amministra i beni collettivi, cio la famiglia (i "veri" residenti, con diritto di voto). Gli ambiti di interesse non saranno piu' soltanto quegli antichi, ma soprattutto la difesa delle acque, l'attenzione al paesaggio, la guerra agli scempi urbanistici, un sano senso dell'ecologia, la tutela del bosco. Va quindi riscoperto il valore "sociale" dei beni indivisi. E bisogna combattere "l'ignoranza e l'arroganza" della burocrazia con la consapevolezza che abbiamo da sempre la capacita' e il diritto di AUTOGOVERNARCI.

Le tappe fondamentali quindi sono state:

Il Regio Decreto del 16 giugno 1927 n. 1766;
Il Regolamento d'attuazione del 26 febbraio 1928 n. 332;
Decreto di Assegnazione del 26 settembre 1934 A XII
L.P. 16 settembre 1952 numero 1 (poi modificata con la L.P. 9 maggio 1956 numero 6)
La L. P. di Trento del 14 giugno 2005 n. 6.
La Carta di Regola di Termon



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